POESIA E JUGGLING

Cara Donatella, come sai sono interessato a trovare collegamenti e affinità tra tante attività solo in apparenza distanti. Mi basta trovare l’elemento chiave che stabilisca un legame tra differenti discipline, in fondo è una ricerca”umanistica”, nel senso che attiene alla nostra umanità e ai nostri interessi.”

Ho voluto inserire una parte della lettera a me indirizzata per Assosinderesi  perchè rende l’idea di come la Poesia,  sia uno strumento di espressione universale e senza limiti. Ringrazio dal cuore il  maestro Rodolfo Vettorello, poeta pluripremiato insignito della Laurea Honoris Causa in poesia dall’Università Pontificia Salesiana e oltre 220 primi premi vinti in altrettanti premi nazionali ed internazionali di avere condiviso con noi questo saggio.

SAGGIO di Rodolfo Vettorello

POESIA E JUGGLING

Sembra quasi che sia la Poesia a sollecitare rapporti, legami, connessioni con altre realtà di qualche spessore umano e culturale. In altra sede è stato dimostrato, come ce ne fosse stato bisogno, del legame che esiste tra Architettura e Poesia e la fatica per dimostrarlo è stata minima perchè le connessione sono tante e molto appariscenti.

Con quella che in lingua italiana si chiama Giocoleria, le cose sono un poco più complesse.

Mi pare interessante esaminare la parola stessa e fare intorno a questo qualche considerazione.

Giocoleria allude chiaramente all’aspetto ludico dell’attività, al gioco appunto ma questo accade solo nella nostra lingua che, senza volere, apre la porta a qualche confusione.

L’attività ha certo anche aspetti di gioco ma nella realtà dei fatti è una attività con dei risvolti professionali e artistici molto lontani dal gioco.

In francese il gioco si chiama “jeu” e giocare si dice “jouer” mentre fare giocoleria si dice “jongler” e l’attività si chiama “jonglerie”.

In inglese l’attività si chiama “juggling” e il giocoliere si chiama “joggler”

In tedesco la giocolieria si chiama “jonglieren” e giocoliere di dice “jongleur”.  il gioco invece si chiama “Spiel”.

Nelle lingue diverse dalla nostra si distingue nettamente tra il gioco e la giocoleria.

Per questa ragione e per una mia esigenza di chiarezza chiamerò gioco il gioco e chiamerò “jonglare” il fare della giocoleria.

Entrare nel mondo del juggling è come aprire la porta di un universo sconosciuto. Un mondo in apparenza leggero e giocoso ma nella realtà si scopre in fretta che ad ogni risultato di apparente leggerezza si arriva con un lavorio precisissimo, puntiglioso e rigoroso. Maniacale quasi, quanto a esigenze di concentrazione estrema e di disponibilità assoluta alla sofferenza.

Sofferenza perchè imporsi delle regole strettissime che limitano quella che impropriamente chiamiamo libertà, è molto faticoso.

Nella vita di tutti i giorni, i nostri gesti sono per la maggior parte del tempo improntati all’approssimazione e in larga misura definiscono un nostro personale stile, una gestualità che ci rende riconoscibili e apprezzati o meno.

Entrare nel mondo del juggling vuole dire essere disposti ad acquisire gestualità perfettamente coordinate ed efficaci per il raggiungimento del risultato che si intende raggiungere.

Per fare un primo esempio bisognerà, nel più breve tempo possibile arrivare a tacitare la nostra dominante tendenza a essere “destri” o “sinistri”. Si dovrà arrivare alla possibilità di usare le due mani con la stessa facilità e poiché la mano destra è controllata dall’emisfero sinistro del cervello e la mano sinistra , all’opposto dall’emisfero destro, occorrerà arrivare al controllo simmetrico dei due emisferi. E a questo risultato si arriva solo con un esercizio assiduo e costante. Solo in questo modo, il gesto che sarà costato molta fatica, acquisterà col tempo la caratteristica dell’automatismo.

L’aspirante giocoliere, anzi juggler, dovrà rassegnarsi ad effettuare sedute ripetitive all’infinito, solo così il gesto che riesce la prima volta con fatica potrà diventare spontaneo, scorrevole e  armonioso.

Chi sappia affrontare questa fatica dovrà assoggettarsi anche ad affrontare con umiltà le delusioni  che accompagneranno la personale crescita. E’ questo il momento che aiuta a discernere tra gli esseri umani quelli con una corretta nozione di se stessi e delle proprie possibilità, quelli disposti non solo a soffrire ma anche al confronto con gli altri e quindi all’eventuale sconfitta o comunque al ridimensionamento del proprio ego. I presuntuosi faranno pochissima strada. Lo stesso competere con un compagno che potrebbe superarli li porta a  sfuggire alla competizione.

La conquista della competenza viene soltanto con l’esercizio, abbiamo detto e anche la leggerezza successiva sarà patrimonio di coloro che avranno impiegato il maggiore impegno.

Ogni capacità conquistata, il juggler sa  già che non sarà mai un arrivo ma solo il punto di partenza per una conquista successiva.

Non ci deve essere pertanto vanto alcuno per la capacità acquisita perchè ci sarà una capacità successiva da acquisire.

Mi viene da citare uno dei massimi giocolieri di tutti i tempi, Enrico Rastelli bergamasco di una famiglia circense, morto giovane purtroppo per una infezione nei prima decenni del ventesimo secolo.

Era in grado di eseguire esercizi di abilità e di equilibrio incredibili e a un certo punto della sua carriera, già capace di giocare fino a otto palline, si era proposto l’obiettivo di arrivare a nove palline anche perchè i giochi più belli sono con numero dispari di oggetti.

Ebbene per lui era stato abbastanza facile effettuare un primo passaggio completo ma per potersi esibire davanti a un pubblico doveva essere in grado di sostenere una routine di quasi un minuto. Per arrivare a questo risultato ha lavorato allenandosi per ben sei anni.

Al mondo ancora oggi si contano sulle dita di una mano degli artisti in grado di effettuare la stessa routine e per nostro vanto, alcuni sono italiani di origine.

Rimane da dire che nessuno degli spettatori, forse soltanto un altro giocoliere è in grado di contare le nove palline in gioco. Per questa ragione la fatica dell’artista è assolutamente inutile e proprio per questo meravigliosa. Si tratta della “satisfation de l’esprit” citata, per altre ragioni da un grande architetto come Le Corbusier. Questo per dire che il lavorio che un artista fa su se stesso per diventare impeccabile è spesso per la sua personale soddisfazione e non per altro.

Più cerco di spiegare anche a me stesso quali e quante sono le fatiche che fanno di un giocoliere un essere destinato alla sofferenza per inseguire modelli di perfezione per loro stessa natura destinati a deluderlo con la richiesta di sempre nuove perfezioni, più cerco di chiarirlo a me stesso e più mi rendo conto di quanto il juggling abbia dei rapporti e delle confinanze impensabili con la Poesia e con la sua pratica.

Lo dico sempre, ogni volta che mi capita di venire interpellato sul mio rapporto con la poesia e sulle mie convinzioni  rispetto all’argomento. Dico che quasi sempre la spontaneità di una poesia va costruita e cito il solito esempio.

L’esempio della pagina di poesia che molti considerano la più bella in assoluto della letteratura occidentale. Parlo dell’Infinito di Leopardi. L’originale o la sua copia visibile nella casa del poeta a Recanati, mostra un largo foglio di carta con al centro i pochi versi del componimento, mi pare quindici.

Tutto intorno una miriade di correzioni, aggiunte e cancellature. Un lavorio incredibile per arrivare alla forma che conosciamo come la più spontanea, musicale, scorrevole e accattivante, un lavorio durato due anni prima di arrivare alla pubblicazione.

Anche la poesia ha bisogno di fatica e di impegno.

La scrittura tutta significa sforzo per acquisire gli strumenti essenziali alla comunicazione virtuosa. Si dovranno acquisire le conoscenze adeguate di grammatica e di sintassi, si dovrà arrivare  a controllare in modo efficace l’espressione migliore per  arrivare al lettore.

La Poesia ha anche qualche esigenza aggiuntiva. Specie la poesia dei grandi autori, quelli che leggiamo con soddisfazione perchè capaci di  avvincerci oltre che per la ricchezza dei sentimenti espressi anche per uno stile controllato, preciso  coerente con la logica dei significati.

Per essere più precisi, riguardo alla Poesia si possono fare tutta una serie di considerazioni più puntuali.

La poesia si esprime per frasi poetiche.

Le frasi poetiche sono organizzate secondo un progetto personale e

generalmente usando la tecnica della scrittura verticale al fine di rendere leggibile un testo operando le opportune cesure e pause in corrispondenza ai singoli versi.

Un caso particolare è rappresentato dall’enjambement che opera una connessione diretta tra due versi consecutivi.

La frase poetica è costituita da vocaboli di particolare potere evocativo e di significato alto e suggestivo ma può derivare semplicemente dalle parole del linguaggio comune purché organizzate secondo cadenze gradevoli.

La frase poetica specifica della poesia è il verso.

Il verso è dunque una frase poetica con due essenziali caratteristiche.

La prima è di carattere quantitativo,cioè dal numero di sillabe, la seconda è di carattere accentuativo, corrispondente cioè alla posizione degli accenti.

Ogni tipologia di verso ha una specifica tipica di accenti.

Il verso con le caratteristiche sopraddette non è una invenzione astratta precedente alla poesia. La sua coerenza è solo e unicamente la rilevazione e l’organizzazione della tradizionale armonia come ci viene tramandata dalla letteratura.

La frase poetica è un verso quando la sua cadenza, cioè la sua accentuazione e  la sua musicalità sono generalmente accettate dalla maggior parte degli addetti ai lavori.

La verifica all’indietro di una frase poetica e la constatazione della sua reale musicalità fa collocare la frase stessa nel novero dei versi per la correttezza degli accenti rapportati al numero delle sillabe.

Chi ha il dono della “parola poetica” si esprime spontaneamente con il linguaggio della poesia articolando frasi che a ogni verifica successiva si rivelano versi canonici.

Resta da fare una precisazione importante, perché fino ad ora abbiamo parlato solo di tecnica poetica.

La poesia più gradevole all’orecchio non è necessariamente la migliore e più alta poesia, anche se a un controllo formale risulta essere metricamente ineccepibile.

La capacità di un testo di suscitare emozioni prescinde dalla perfezione formale e poiché la poesia è per la metà contenuto e per l’altra metà forma, un grande e ispirato contenuto può vincere sulla relativa imperfezione formale e far collocare un testo imperfetto nell’ambito dell’alta poesia.

A questo punto si potrebbe introdurre un discorso storico sugli aspetti formali della poesia.

Se il passato ha preteso dai testi poetici la perfezione formale, la poesia moderna ha superato tanti vincoli considerati come remore fastidiose.

Si è fatto strada il verso libero, una frase poetica corretta ma organizzata in contesti di varie misure differenti di versi. Si è arrivati alla stesura di testi poetici con versi ipermetrici di misura talmente inconsueta da non poter essere considerati dei veri versi ma piuttosto prosa poetica, si è dato spazio a tutti gli sperimentalismi possibili e immaginabili.

Il concetto che qui intendiamo portare in esame è che testi poetici dotati di naturale gradevolezza, scorrevolezza, musicalità e armonia, a un esame critico accurato rivelano generalmente di essere costituiti da versi canonici, secondo i parametri della metrica, organizzati in maniera innovativa non per schemi precostituiti ma secondo un progetto personale tipico di ogni autore.

E’ quello che chiamiamo poesia moderna.

In antitesi alla prosa o anche alla prosa poetica.

Si potrebbero fare tanta altre diverse considerazioni sulla specificità della scrittura poetica ma tutte esulerebbero dalla ragione di questo documento. Documento che si propone principalmente di  verificare se ci siano e come possano rivelarsi, delle connessioni tra l’attività chiamata Juggling e la Poesia, anzi la Scrittura Poetica.

La caratteristica più appariscente è che entrambe le attività hanno i connotati dell’Inutilità.  In diverse occasioni e da diversi personaggi credibili, questo è stato affermato, da ultimo forse da Eugenio Montale nel 1975 a Stoccolma al momento del conferimento del Premio Nobel per la Letteratura. Nella Lectio Magistralis preparata per l’occasione, ebbe a dire: “la Poesia non serve a nulla ma non è quasi mai nociva”.

Allo stesso modo il Juggling si configura, quanto meno in fase iniziale, come attività ludica  del tutto inutile. Attività che solo per chi vi dedichi la propria vita diventa professione lavoro e sfida. Per pochi, addirittura sfida a se stessi, alla ricerca dell’exploit  che diventi un biglietto da visita per i grandi spettacoli circensi o teatrali.

Obiettivo e scopo di entrambe le attività é l’acquisizione di una particolare raffinatezza espressiva al fine di presentare al lettore o alla spettatore le prove della propria capacità facendo sembrare facili e possibili a molti le prove più complesse e impegnative.

In altre occasioni ho avuto modo di citate un detto attribuito a un poeta inglese Robert Browning: “Less is More”, il meno è il più.

Prima di procedere, voglio citare ancora per un attimo la celebre frase attribuita a Le Corbusier.  Si lavora essenzialmente ricercando la perfezione  ma con l’obiettivo primario de “la satisfation de l’esprit”,  cioè di un compiacimento del tutto personale.

Accade che un’opera di Architettura sia leggibile, in modo completo, solo da parte di un altro professionista o a volte dal solo progettista e che eventuali probabili imperfezioni non siano avvertibili da parte del profano. Le Corbusier riteneva moralmente obbligatorio eliminare anche le imperfezioni inavvertibili e personalmente condivido in pieno questo atteggiamento e lo condivido così integralmente da estenderlo anche all’ambito letterario o meglio poetico. Anche la scrittura poetica ha regole ferree e  indiscutibili, alcune di natura squisitamente tecnica e altre di tipo genericamente formale. Compito del progettista è ripulire il suo lavoro anche dalle piccole scorie che possano inficiare la perfezione della sua creatura. Anche il Poeta è tenuto a confrontarsi con la propria coscienza critica per cancellare tutte le dissonanze che rendano meno perfetta la sua scrittura e dovrà esercitare al massimo grado le proprie possibilità autocritiche per schivare la retorica e tutti gli eccessi espressivi che svalutano l’opera poetica.

La perfezione appartiene sia al Juggling che alla Poesia e in entrambi i casi l’autore è tenuto moralmente a rendere usufruibile solo un prodotto ineccepibile.

Se può esistere una Poesia estemporanea, facile e giocata solo sulle emozioni dei contenuti, non può esistere invece un Juggling estemporaneo per la ragione che se il Poeta deve rispondere a un pubblico che eventualmente farà giustizia davanti allo scaffale delle librerie, deponendo dove stava la raccolta di poesie non gradita, il Jugler dovrà rispondere a un pubblico che potrà disertare i suoi spettacoli, perdendo così le proprie scritture.

Un passo indietro.

Less is More” (vale a dire “meno è più” ovvero “meno è meglio”) è un’espressione adoperata inizialmente , come già detto, dal poeta inglese Robert Browning, nel 1855, in un monologo intitolato Andrea del Sarto (“Well, less is more, Lucrezia”) e quindi diventata celebre grazie ad uno dei massimi architetti contemporanei, il tedesco Ludwig Mies van der Rohe. “Less is More”, infatti, sintetizza la poetica di questo maestro dell’architettura: un minimalismo formale a cui giungere attraverso un lavoro di sottrazione, in un processo creativo di continua ricerca della semplicità.

Per aggiungere qualità, insomma, a volte occorre saper sottrarre… quantità.

E questo principio vale così nelle arti come nella vita.

LESS IS MORE 

Less is More” è una forma invisibile di successo esistenziale.

Less is More” è il guadagno che viene dall’alleggerimento.

Less is More” è quel di più che viene dal meno.

“Less is More” è coerente con il principio per cui ciò che è pieno va svuotato e ciò che è vuoto va riempito.

Less is More” è il percorso che porta all’essenza delle cose.

Semplici esperienze di “Less is More” sono alla portata di tutti.

I primi più banali gradini sono i seguenti risultati e il senso di alleggerimento che ne traiamo:

meno cianfrusaglie nei cassetti; meno soprammobili sopra i mobili; meno quadri alle pareti; meno polvere tutt’intorno; meno grassi in ottime pietanze; meno chili sulla nostra bilancia; meno scadenze nell’agenda; meno pensieri per la testa; meno rapporti formali; meno spese di rappresentanza; meno visibilità; meno telefono e meno televisione; meno carte inutili; meno vuoti a perdere…

Questo elenco non è esaustivo e non è nemmeno una formula universale. Infatti il meno è una qualità aggiuntiva solo in presenza di un troppo. E anche il troppo è un paramentro variabile e soggettivo.

Il meno è il più  vale anche in Poesia e nel Juggling. Il gesto del giocoliere deve sempre essere limpido, leggero ed essenziale alla ricerca di una apparente leggerezza e grazia di esecuzione. La Poesia moderna cerca l’essenziale, la corrente dell’Ermetismo ha posto la semplificazione estrema  a fondamento della poesia e a parte la corrente citata, la Poesia più in generale mira alla sintesi e all’essenza , come il Juggling.

Col tempo ho fatta mia l’opinione che alla base  del lavoro deve esserci la pazienza. Nell’operare a volte bisogna essere veloci perchè la logica della produzione lo richiede ma non bisogna mai essere affrettati. Veloci ma non affrettati. Dare tempo al tempo perchè le scelte siano le più opportune. Il juggling rappresenta meglio di altre attività l’esigenza di essere veloci ma non affrettati. La velocità del gesto, necessaria ed essenziale, deve avere l’apparenza della facilità e della leggerezza e non tradire l’ansia e la frettolosità.

Anche la Poesia ha obblighi da rispettare. E’ un’arte in apparenza più libera e leggera.

Questo solo in apparenza appunto perchè maneggia la “parola” che è lo strumento e l’arma più terribile che esista. La sua materia così leggera e fluttuante ha un potere maggiore dell’acciaio dei proiettili e del cemento armato delle costruzioni.

La Poesia costruisce castelli in aria, edifici alti da toccare il cielo, spazi di aggregazione umana immensi come anfiteatri, costruisce città ideali. La Poesia ha bisogno di Jugglers che sappiano far sognare un mondo, l’universo dei pensieri e delle fantasie dell’uomo con l’immaterialità  indistruttibilie delle parole. il Juggling ha bisogno di poeti del gesto leggero e armonioso che non tradisca mai la fatica e faccia pensare alla bellezza in assoluto.

Si dice che la vita sia l’arte dell’incontro e che siano gli incontri a fare bella e interessante una vita.

Ho avuto, come tutti, occasioni diverse di incontri, da tutti ho avuto modo di ricavare nutrimento per la mia stessa esistenza. Alcuni sono stati silenziosi ma affettivamente importanti, altri sono stati entusiasmanti per ragioni diverse. Alcuni sono entrati inevitabilmente nel dimenticatoio perché  la memoria selezione spietatamente le cose da ricordare e quelle da dimenticare. Alcuni permangono  per sempre nella memoria.

Ho incontrato poeti e jugglers e ho riconosciuto nella loro diversità i legami meno visibili della loro vicinanza.

Mi muovo nel mondo della parola, della poesia ma ho subito a lungo il fascino del juggling, come altra attività che cerca la perfezione. Ho imparato sulla mia pelle quale sia la fatica e l’impegno che si deve profondere per imparare la più semplice delle routine con gli oggetti più usati come le palline. Con solo tre palline i migliori jugglers eseguono fino a duecento esercizi differenti con difficoltà crescenti per arrivare al Mills Mess e poi al gioco inarrivabile che si chiama Rubenstein’s Revenge.

Ho partecipato, per pura curiosità ma a volte anche per venire stimolato ad apprendere qualcosa di nuovo, a delle Conventions di Juggling. Dei raduni a volte quasi oceanici di giocolieri provenienti da tutte le parti del mondo e qui ho avuto l’occasione per vedere all’opera i massimi maestri di quest’arte. Ho assistito alle performances di Huggies Macleod, di Anthony Gatto, di Sean Gandini e ho avuto la sensazione di avere penetrato il segreto dell’impossibile.  Ho provato le stesse emozioni di quando, ai tempi, mi è capitato di ascoltare Giuseppe Ungaretti leggere con la sua straordinaria voce, alla Radio, delle sue pagine o quando dal vivo, al ritorno dal Nobel, mi è capitato di ascoltare Salvatore Quasimodo leggere” Vento a Tindari .”

I ricercatori dell’Assoluto si assomigliano tutti dovunque siano e  in qualunque tempo agiscano e rimane solo da dire che la Perfezione non ha nome, né luogo, né tempo.

Per saperne di più su Rodolfo Vettorello

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